“Rivincite – Lo sport che scrive la storia” di Rudi Ghedini

Rivincite – Lo sport che scrive la storia di Rudi Ghedini edito da PaginaUno che ringrazio per l’omaggio.

In queste pagine si affacciano le figure di Jim Thorpe, Cathy Freeman, Althea Gibson, Muhammad Ali, Garrincha, Nadia Comaneci, Alice Milliat, Jonah Lomu, Jackie Robinson, Jürgen Sparwasser, Kareem Abdul-Jabbar, Diego Maradona, Florence Griffith, Gretel Bergmann, Georges Weah, Colin Kaepernick, Peter Norman… A vicende raccontate mille volte, se ne aggiungono di quasi dimenticate, in bilico fra epica e cronaca, riscatto e stupore. Da oltre un secolo è impossibile stabilire i confini dove comincia la politica e dove finisce lo sport. Dietro il grande spettacolo globale, si agita il potere nelle sue moderne incarnazioni, quello che si dirama dall’impero cinese agli oligarchi russi, dagli emiri mediorientali ai miliardari in dollari, dagli intrighi di corte che indirizzano le burocrazie di Fifa e Cio al peso specifico dei grandi marchi dell’abbigliamento sportivo, dal saccheggio dell’Africa alle dolose ambiguità nella guerra al doping. Con vertiginosi salti di tempo e di spazio, “Rivincite” propone una concatenazione di racconti all’incrocio fra sport, storia e politica. È sempre più raro, ma ogni tanto accade, che uno sportivo prenda posizione e trasformi il proprio talento in una bandiera da sventolare a favore di una causa. Così, lo sport torna a scrivere la storia.

Avete mai pensato a come lo sport influenzi la nostra storia e la nostra politica e come queste influenzino lo sport?

Rudi Ghedini sì. Partendo da Il compagno Tommie Smith (Malatempora, 2008) ripercorre un po’ di eventi storicamente lontani per arrivare a chiedersi che impatto avrà l’esclusione dell’inno e della bandiera russa dalle olimpiadi invernali quando i mondiali di calcio si giocheranno proprio in Russia.

Due gli episodi che più tra tutti mi hanno colpita: il primo risale ai mondiali di Spagna del 1982. L’Italia arriva in finale contro la Germania e il presidente Pertini arriva a scuotere i giocatori dal silenzio stampa in cui si erano chiusi per evitare gli attacchi dei giornalisti sportivi. L’Italia vince 3-1 e a 86 il presidente della repubblica cambia la storia della sinistra italiana e quello snobismo che l’aveva tenuta lontana dal calcio professionista. Pertini, in un suo discorso, inciterà gli italiani a fare come la loro nazionale: a lottare per il bene del paese. Craxi, su questa scia, candiderà così l’Italia per i mondiali del 1990.

Ma i mondiali del ’90 sarebbero comunque stati giocati in Italia se Pertini non avesse fatto quel discorso?

“Gli italiani perdono le guerre come se fossero delle partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre”

W. Churchill

Il secondo caso è geograficamente molto più lontano da noi: mi riferisco al Caso O.J. Simpson, personalmente lo conosco grazie alla serie tv con John Travolta che trovate su Netflix. Il sociologo Harry Edwards fece notare che, grazie ai suoi successi lavorativi (dopo la fine della carriera sportiva si diede al cinema), O.J. fu il primo a dimostrare che i bianchi possono volere ciò che un nero pubblicizza. Diventerà però simbolo della cultura afroamericana solo nel 1994 quando la sua ex moglie venne brutalmente uccisa insieme ad un amico. Simpson viene accusato anche a fronte delle sessantadue denunce per violenza domestica che la donna aveva sporto nei suoi confronti. Grazie al Dream Team, squadra con i migliori avvocati penalisti in circolazione, all’impatto che ebbe sulla popolazione e a degli errori degli inquirenti, un detective si dimostrò essere razzista, nel 1995 venne prosciolto.

Ma questo  processo avrebbe avuto lo stesso impatto mediatico e sociale, avrebbe svelato comunque le violenze della polizia sulle persone di colore, se a essere accusato fosse stata una persona qualunque?

Siamo così davanti a due vicende molto diverse tra loro che simboleggiano benissimo come politica e sport possono essere due facce della stessa medaglia.

Pensiamo però anche che quest’anno nel due squadre finaliste dell’NBA su una cosa erano concorde prima ancora di giocare la partita: nessuna sarebbe andata alla Casa Bianca da Trump per indicare che è un presidente che divide e non unisce il popolo.

Lo sport non è solo un passatempo, un modo di fare gruppo, divertimento, lo sport è comunicazione, è un insieme di valori e di messaggi che può spostare l’opinione del popolo, che può modificare la storia. Ghedini come un cronista divide per categorie i vari avvenimenti e ne racconta i retroscena sia che siano grandi successi che grandi tragedie dimostrando che la storia ha sempre due versioni.

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Nata e cresciuta a Milano. Per lavoro Social Media Manager e Copywriter. Per sopravvivenza vivo tra caffè, libri e aperitivi senza dimenticare i carboidrati!