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La violenza sui social

La violenza sui social è da anni argomento di dibattito, di pensieri e riflessioni. È di qualche giorno fa la story su Instagram di Fedez che chiedeva a YouTube di togliere il video primo in tendenze. No, non centra l’invida centra il contenuto. Nel video vedeva dei ragazzi menarsi, pestare un coetaneo. Non importa chi siano, cosa facciano nella vita, chi ha pubblicato il video…importa come la spettacolarizzazione della violenza acchiappi like e view. Importa quanto ci stiamo anestetizzando a tutto questo.

La violenza: dal cinema ai social

Se nel secolo scorso ci interrogavamo sulla violenza nei film con Sotto accusa (1988), in cui viene mostrato uno stupro per sensibilizzare lo spettatore a non commettere certi atti, e con Arancia meccanica (1971) in cui la violenza diventa il punto di rottura con la propria cultura, oggi dobbiamo interrogarci su quanto la violenza possa influenzarci.

Il cinema è arte, è il racconto di una società con immagini e parole. I video che oggi vengono condivisi sulle varie piattaforme no. Oggi prima di intervenire si riprende con un telefono, si ride in sottofondo e non si pensa alle conseguenze.

“È colpa delle nuove generazioni, non sanno fare un buon uso dei cellulari.”

Questa è la frase che mi viene riproposta ogni volta che provo a riflettere sulla violenza sui social. Questa è la scusa dietro la quale ci nascondiamo un po’ tutti? Forse. Purtroppo il video non ha come protagonisti degli adolescenti, bensì dei ventenni. Dietro ad ogni view non ci sono solo ragazzini, ci sono anche gli adulti, quelli che ridono per due ceffoni dati senza diritto di difesa.

Questo fa rabbia, fa riflettere. Quanto la violenza quotidiana diventa spettacolo? Perchè ci diverte vedere qualcuno che si azzuffa verbalmente in televisione? Quanto ci nascondiamo dietro a “È trash!”. No, non è trash.

Dei ragazzi che si picchiano non sono intrattenimento, non è da vedere come se fosse l’episodio di una serie tv. Sono video da segnalare e condannare all’oblio. Sono atti che non vanno portati in auge delle classifiche, non sono atti che meritano alcun tipo di visibilità.

Eppure la ottengono, perchè?

La violenza: la spettacolarizzazione del male sui social

Ottengono visibilità perchè siamo convinti sempre e comunque che finché una cosa negativa non tocchi a noi sia semplice, divertente e poco importante. Tendiamo sempre a minimizzare. Quello che non ci tocca direttamente non è importante, non è grave.

Ma se quei ragazzi picchiati fossimo noi? Uno di quelli fosse nostro fratello? Non siamo in un film, è vita vera. Non è la violenza che diventa denuncia sociale. Qui la violenza è riportata, mostrata a un pubblico che si diverte e commenta anche “È giusto”. Le piattaforme non solo permettono che venga caricato un contenuto simile ma permettono che ci si possa guadagnare.

Forse allora abbiamo fallito su tutta la linea: se facciamo passare il messaggio che caricando video in cui le persone si pestano si può guadagnare allora siamo veramente alla fine dell’intelligenza umana. Non è arte, è schifo. Non ho altri termini per definirlo. La spettacolarizzazione del male avviene ormai ovunque: film come Joker dimostrano come il male sia frutto di una società, anche lì c’era una denuncia sociale come avviene nelle serie tv in cui il cattivo ha sì fascino, ma ha sempre un buono che non gli dà pace.

Questi video che utilità hanno? Cosa dimostrano?

Il mio pensiero è che bisogna capire che quello che succede online ha delle ripercussioni nella vita reale: dal commento che augura la morte a il ricaricare video di azioni contro la persona. Quando avremo tutti quella consapevolezza, quando capiremo che il virtuale non è un mondo senza regole e senza limiti ecco che forse non avremo bisogno di chiederci perchè, non avremo più ragazze che si tolgono la vita per video privati caricati o per commenti, non avremo più video di pestaggi o di violenza sugli animali.

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